Vigilanza domiciliare

I Figli dell’Algoritmo – L’aspetto Domiciliare della Vigilanza

Mi sono imbattuto solo recentemente in questo libro scritto nel 2021, dall’antropologa Veronica Barassi antropologa e docente universitaria italiana che insegna Scienze della Comunicazione presso la Scuola di scienze umane e sociali dell’Università di San Gallo (CH), dal titolo “I figli dell’algoritmo“.

Il libro offre una prospettiva tanto intrigante quanto inquietante su quella che potremmo davvero chiamare “La nuova frontiera del controllo”.

E’ la stessa autrice a raccontare “Il giorno del Ringraziamento del 2016 ho scoperto di essere incinta della mia seconda figlia, e Google lo ha saputo prima dei miei genitori e di mia sorella”. Da tempo, Barassi si occupa delle implicazioni sociali e politiche delle tecnologie dei dati e dell’intelligenza artificiale. Nel suo libro, ci conduce in un viaggio inquietante attraverso il capitalismo della sorveglianza, dimostrando quanto sia potente nel raccogliere dati sui bambini, praticamente fin dai primi istanti dopo la loro concezione.

Nel Libro, Barassi esamina le metodologie e il progresso delle profilature, dalla nascita all’educazione, attraverso la “sorveglianza laterale“, in cui i genitori vogliono sorvegliare i loro figli a loro volta. Tuttavia, l’autrice non si immerge nell’oscurità di un’indagine estenuante che culmina in risultati poco promettenti per il nostro futuro. Piuttosto, lascia spazio a una via di fuga: la possibilità di riconsiderare completamente la tecnologia che oggi ci controlla. In occasione del lancio del suo libro, abbiamo avuto l’opportunità di intervistarla.

La pandemia ha segnato un prima e un dopo per la raccolta dei dati dei bambini. Il Covid ha portato a una digitalizzazione inevitabile, alla quale era difficile sottrarsi.

Cosa ha comportato questa pandemia per la raccolta dati sui social?

La pandemia ha rappresentato un momento cruciale che ha apportato significative modifiche al capitalismo della sorveglianza. Il cambiamento più evidente è stato l’estensione e l’amplificazione dei processi già in corso nell’ultima decade. Un esempio concreto è il passaggio all’istruzione a distanza. È vero che, negli ultimi dieci anni, le grandi aziende tecnologiche hanno investito notevolmente nell’ambito dell’educazione. Tuttavia, con la pandemia, il loro potere è cresciuto esponenzialmente, come dimostrato dal fatto che la maggior parte delle scuole in Italia ha adottato Google Classroom.

Nel libro, troverete numerosi esempi di accordi tra Google e Apple per le app di tracciamento dei contatti, così come l’espansione di altre aziende come Palantir nel settore sanitario. Un’altra tendenza amplificata ed estesa riguarda l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale per profilare le persone. Durante la pandemia, abbiamo iniziato a sentire parlare di software che monitora i lavoratori a distanza o analizza l’espressione degli studenti a casa.

Ma dove finiscono effettivamente questi dati?

“Questa è una domanda da cento milioni di dollari. Anche dopo aver dedicato gli ultimi sei anni a cercare di comprendere dove finiscono i dati dei bambini raccolti sui social…”, racconta l’autrice “…rimangono incertezze. Ho cercato di ottenere risposte analizzando le politiche sulla privacy, le richieste di brevetti e seguendo le notizie sugli scandali riguardanti specifiche piattaforme. Alcune certezze emergono: ad esempio, le aziende condividono dati anche quando dichiarano il contrario. Un’altra certezza è l’esistenza di aziende di data broker che sfruttano i dati dei bambini”. Nel mio libro, si fa riferimento ai broker dei dati dell’educazione. Studi recenti hanno rivelato che i dati dei bambini, persino di quelli di due anni, vengono venduti.

“In sintesi…”, racconta sempre Veronica Barassi, “… è certo che i dati vengano condivisi con vari attori e che ci siano aziende all’interno del sistema del capitalismo della sorveglianza che utilizzano tali dati per creare profili digitali. Infine, è certo che in settori diversi, dalle risorse umane alle assicurazioni ai sistemi governativi, si faccia largo uso di sistemi di intelligenza artificiale che combinano anche dati pubblici reperibili sui social o dalle fatture telefoniche. Tuttavia, alla fine, non siamo completamente consapevoli di come vengano effettivamente utilizzati questi dati e a chi finiscano“.

Come sottolinea Frank Pasquale (tra i maggiori esperti al mondo in materia di regolamentazione delle nuove tecnologie), più trasparenti diventano le nostre vite, meno chiari diventano i modi in cui i nostri dati vengono impiegati.

L’insorgere delle domande

In che modo la raccolta dei dati si inserisce nella cosiddetta “cultura della sorveglianza“, un sistema in cui siamo controllati ma diventiamo anche controllori? In che modo contribuiamo, in sostanza, alla raccolta dati delle grandi aziende tecnologiche?

Siamo tutti coinvolti in questo sistema di sorveglianza. Le nuove tecnologie ci consentono di monitorare la vita degli altri in modi che in passato sarebbero stati impensabili.

Quando riflettiamo su questi processi di co-sorveglianza o sorveglianza reciproca, è fondamentale comprenderne il valore umano.

La maggior parte dei genitori non sorveglia i propri figli per controllarli, ma lo fa per lenire le proprie ansie o per partecipare alla loro vita. La distinzione tra sorveglianza finalizzata al controllo e sorveglianza